L'Africa

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10 Jan 2016
by Kirk.
L'inizio della storia umana dell'Africa coincide con quella della storia dell'uomo. I primi ritrovamenti di Homo sapiens sono infatti situati in Etiopia, in tufi vulcanici della valle del fiume Omo, e sono datati a 200 mila anni fa.


Cronologia dell'espansione dell'Homo sapiens. Notare la storia relativamente recente delle popolazioni non africane.


Percorso delle migrazioni dell'Homo sapiens.

Circa 100 mila anni fa incominciò la prima divisione tra i gruppi umani, quando alcuni gruppi si spostarono verso il Medio Oriente e si ibridarono con l'Homo neanderthalensis; altri invece rimasero in Africa. Questa divisione, avvenuta in epoche molto remote, causò la grande distanza genetica che divide gli africani subsahariani da tutte le altre popolazioni del resto del mondo.


Distanze genetiche tra le varie popolazioni mondiali.

In Asia meridionale, circa 50-60 mila anni fa avvennero le prime disgregazioni tra le popolazioni non sub-sahariane, che diedero la nascita alle razze australoidi, caucasoidi e mongoloidi (queste ultime diventeranno poi amerindie). In Africa invece le popolazioni sub-sahariane si evolsero poi successivamente nelle razze negroidi e capoidi.
Alcune popolazioni caucasoidi dall'Asia sudoccidentale tornarono in Africa settentrionale portando soprattutto aplogruppo E1b1b. Il primo impatto tra queste popolazioni ormai differenziate e le popolazioni africane autoctone doveva essere stato molto violento: si hanno prove di una guerra avvenuta 13 mila anni fa nel Sahara tra popolazioni caucasoidi e negroidi. La desertificazione del Sahara ha contribuito ancora di più a isolare queste due razze geograficamente e geneticamente per millenni.
Prima di parlare nello specifico dell'aspetto storico, genetico, culturale e linguistico dell'Africa, vorrei che dessimo un'occhiata alla mappa climatica e ambientale dell'Africa di quando ancora il Sahara non era desertificato:


Le fasce climatiche diverse hanno notevolmente influenzato lo stile di vita delle popolazioni.

Fino a circa 2500 anni fa l'intera Africa centro-meridionale era abitata da popolazioni di cacciatori/raccoglitori non Bantu, come i Khoisan dell'Africa meridionale (che portavano aplogruppo A) e i Pigmei delle foreste pluviali (aplogruppo B).

I Caucasoidi

Più di diecimila anni fa un'ondata di popolazioni provenienti dal Medio Oriente invase il Nord Africa, portando un fenotipo prevalentemente cromagnoide. Un'ondata successiva di immigrazione si è verificata nel Neolitico, quando i contadini in espansione dal Medio Oriente si diressero verso il Nord Africa.
A nord-est c'era la Mezzaluna Fertile, la culla delle civiltà, dove nacque l'agricoltura e l'insediamento urbano già 5500 anni fa, grazie alla presenza del fiume Nilo. Nell'Africa mediterranea e nel Corno d'Africa si diffuse anche l'allevamento grazie ad alcune tribù pastorali mediorientali. Le popolazioni caucasoidi parlavano lingue afro-asiatiche e portavano aplogruppi E1b1b, T e J1.
La prima civiltà vera e propria africana, quella Egizia, discende appunto dalle popolazioni caucasoidi del nord Africa.


Berberi tunisini.


Diffusione degli aplogruppi mitocondriali caucasoidi in Africa, ovvero M, N e R.

Come suggeriscono gli studi sul DNA, le invasioni arabe medievali che convertirono i nordafricani all'islam non ebbero un impatto rilevante nella popolazione e comunque limitato nelle zone orientali come l'Egitto; in sostanza, hanno convertito la popolazione locale e non l'hanno sostituita. C'è stato un piccolo contributo genetico proveniente dall'Europa durante l'epoca delle conquiste islamiche e forse prima ancora durante l'epoca vandalica, ma è stata aggiunta una discreta quantità di discendenza materna sahariana. I moderni nordafricani sono principalmente eurasiatici in discendenza, e nei grafici genetici sono situati nel gruppo caucasoide assieme agli europei e ai mediorientali.
I Berberi rappresentano la popolazione nordafricana autoctona più fedele a quella neolitica originaria.

Citando Cavalli Sforza,
I Berberi si trovano prevalentemente nelle regioni settentrionali dell'Algeria e del Marocco, un po' verso l'interno anche se di solito non lontano dal mare.
Si ritiene che i Berberi abbiano tra i loro antenati le popolazioni mesolitiche e neolitiche del Caspio, possibilmente con contributi genetici delle importanti migrazioni neolitiche dal Vicino Oriente; è ragionevole ipotizzare che la lingua berbera (afro-asiatica) sia stata introdotta dagli agricoltori neolitici.


Diffusione degli aplogruppi Y-DNA caucasoidi, ovvero E1b1b, J1 e T.
Il J1 è stato diffuso soprattutto dagli Arabi durante l'islamizzazione del continente.

I Nilotici

Il Nilo, che rese possibile la vita in una regione peraltro desertica, sembra essere stato l'unica via di contatto tra le popolazioni sub-sahariane e quelle caucasoidi che parlavano lingue egizie, berbere e cuscitiche; dai Nubiani e dai Nilotici infatti i Bantu appresero poi l'agricoltura e la lavorazione dei metalli.
Da questo contatto tra popolazioni caucasoidi e subsahariane non Bantu, nelle rive del Nilo Bianco (l'affluente più meridionale del Nilo che arriva fino all'Uganda) nel III millennio a.e.v. emersero le tribù Nilotiche, antenate degli attuali parlanti lingue nilo-sahariane.
I Nilotici già 5000 anni fa erano un popolo dedito all'allevamento di bestiame, a contrario dei loro vicini sudanici centrali che erano agricoltori.
Nel XIV secolo e.v., successivamente alla caduta dei regni cristiani di Nubia a causa dell'islamizzazione del Sudan, ci fu un'espansione nilotica verso sud che diede la nascita a una nazione con un sistema simile a quello feudale. Nel XV secolo i Maasai dalla bassa valle del Nilo a nord del lago Turkana si diressero verso sud fino ad arrivare in Tanzania nel XVII secolo.


Popolazioni nilotiche (Maasai). Dedite ancora oggi all'allevamento, sono caratterizzate da una statura
incredibilmente elevata, iperdolicocefalia e un somatotipo molto ectomorfo.

I lignaggi paterni subsahariani autoctoni e quindi non Bantu, rappresentati dagli aplogruppi A e B, sono molto diffusi tra i Nilotici; le rive del Nilo bianco rappresentano infatti l'unica area attuale di sopravvivenza degli aplogruppi subsahariani non Bantu, oltre ad alcune zone ancora abitate da tribù di cacciatori/raccoglitori come i Khoi-San del deserto del Kalahari e i Pigmei di alcune sacche della foresta pluviale.
Tra le popolazioni nilotiche, l'aplogruppo A presenta picchi nel Sudan del sud, dove rappresenta più della metà dei lignaggi maschili tra le tribù Dinka e Shilluk. Anche l'aplogruppo B presenta maggiori frequenze nel Sudan del sud, arrivando fino al 50% nell'etnia Nuer.
Sorprendente la quasi assenza dell'aplogruppo Bantu E1b1a e la presenza dell'aplogruppo caucasoide E1b1b, maggiormente diffuso tra l'etnia settentrionale dei Masalit in Sudan dove è presente in più del 70% dei lignaggi paterni; tra i Maasai arriva addirittura al 50%, suggerendo un forte flusso genico in queste popolazioni da parte di maschi caucasoidi del Corno d'Africa che parlavano lingue cuscitiche. Inoltre, il 67% dei campioni degli Alur possedeva l'aplogruppo subsahariano E2.
A differenza del DNA paterno, i lignaggi materni dei Nilotici in generale mostrano una quantità bassa o trascurabile di influenze estranee afro-asiatiche o altre. Uno studio sugli aplogruppi mitocondriali effettuato da Castri et al. nel 2008 ha esaminato l'ascendenza materna di varie popolazioni nilotiche e ha rivelato che quasi tutti i Nilotici appartenevano a varie sottocladi del macro-aplogruppo subsahariano L, tra cui L0, L2, L3, L4 e L5. Bassi livelli di flusso genico materno dal Nord Africa e dal Corno d'Africa sono stati osservati anche in alcuni gruppi, principalmente attraverso la presenza di aplogruppi mtDNA M e I, in circa il 12,5% dei Maasai e il 7% dei Samburu, rispettivamente.


Diffusione delle lingue ed etnie nilotiche.

I Bantu

I Bantu erano originari di una zona equatoriale occidentale che corrisponde alla Nigeria e al Camerun, dove infatti erano presenti già 5000 anni fa, e portavano aplogruppo E1b1a (soprattutto E-M2).
L'etnia Yoruba della Nigeria occidentale e del Benin viene spesso presa negli studi genetici come popolazione di riferimento per i negroidi "standard", perché essendo situata in un'area vicina al nucleo originario dei Bantu, rappresenta più fedelmente la popolazione Bantu originaria, essendo priva di influssi esterni.
Anche in antropologia fisica la tipologia Sudanide (di cui i Yoruba fanno parte) rappresenta la razza negroide per antonomasia, ed è diffusa dal Sudan fino alle coste atlantiche del Senegambia, a sud del Sahel. Le etnie africane occidentali furono inoltre quelle più deportate dagli Europei durante la tratta degli schiavi e si diffusero in tutta l'America, dando origine agli attuali Afroamericani.


Un ragazzo Yoruba della Nigeria e una donna del Camerun di profilo.

A causa della continua desertificazione che avanzava dal nord e la pressione delle popolazioni che cercavano di allontanarsene, i Bantu si diressero verso le foreste pluviali del Congo abitate dai Pigmei, aggirandole. Qui avvenne infatti la prima divisione delle migrazioni bantu, una occidentale lungo le coste atlantiche e una orientale attraverso i Grandi Laghi.

Luogo di origine dei Bantu e successive espansioni.

Avvantaggiati dalla conoscenza dell'uso dei metalli in guerra (come gli Indoeuropei in Europa millenni prima), i Bantu sottomisero tutte le popolazioni di cacciatori/raccoglitori subequatoriali e diedero la nascita alla civiltà Bantu che fiorì nel XI secolo. Diversi gruppi Bantu si insediarono in regioni dove esistevano popolazioni autoctone, assimilandole o venendone assimilati, e dando quindi origine a una varietà di culture e lingue miste; attraverso i Bantu si diffusero non solo l'agricoltura e la lavorazione dei metalli, ma anche l'allevamento, che i Bantu appresero probabilmente dai popoli dell'Africa orientale. Questa espansione Bantu influì in modo sostanziale non solo sulla storia dell'Africa subequatoriale, ma anche sulla sua genetica, diffondendo l'aplogruppo E1b1a.


Diffusione degli aplogruppi Y-DNA in Africa al giorno d'oggi.

La regione dei Grandi Laghi e il genocidio razziale del Ruanda

Il primo popolo a insediarsi in Ruanda fu quello dei Twa, un'etnia di cacciatori e raccoglitori, abitatori delle foreste. Come tutte le etnie appartenenti alla sub-razza Pigmide erano di statura incredibilmente bassa.
Successivamente, nel primo millennio e.v. migrò in questo territorio la popolazione Bantu degli Hutu che conosceva e praticava l'agricoltura. Gli Hutu scacciarono i Twa confinandoli nelle foreste.
Nel XIV secolo arrivarono dal nord i Tutsi (i famosi Watussi) un popolo allevatore di bestiame di origine Nilotica, che assoggettarono gli Hutu. Assunto il potere del territorio, lo divisero in staterelli e organizzarono una società a struttura piramidale, al cui vertice c'era il re. La monarchia Tutsi sopravvisse fino alla fine dell'era coloniale negli anni 1950.
I Twa erano di bassa statura, gli Hutu erano di media altezza, e i Tutsi erano molto alti e snelli.


Differenze fisiche e culturali delle tre etnie del Ruanda. Le tre sub-razze Nilotide, Bantuide e Pigmide sono caratterizzate
anche dal proprio stile di vita: rispettivamente allevatori, agricoltori e cacciatori/raccoglitori.

Nel 1916 il Belgio assunse il controllo del Ruanda al posto della Germania ed instaurò un rigido sistema coloniale di separazione razziale e sfruttamento. Concedendo ai Tutsi la supremazia sugli Hutu, per via del loro aspetto fisico (in primis la statura più alta) e del loro essere benestanti economicamente, alimentarono un profondo risentimento tra la maggioranza Hutu, più povera. Nel 1959 i Belgi cedettero il controllo del Ruanda alla maggioranza Hutu.
I Tutsi erano stati estromessi dal potere dagli Hutu, che costituivano l'85% della popolazione e dalla rivoluzione del 1959 detenevano completamente il potere. Il 6 aprile del 1994 l'aereo presidenziale dell'allora presidente Juvénal Habyarimana, al potere con un governo dittatoriale dal 1973, fu abbattuto da un missile terra-aria. Con il pretesto di una vendetta trasversale, cominciarono i massacri della popolazione Tutsi da parte degli Hutu; vennero massacrate più di un milione di persone in maniera pianificata e capillare, spesso con l'ausilio di un machete.

Sebbene la lontana origine nilotica dei Tutsi, gli studi genetici sul cromosoma Y suggeriscono che i Tutsi, come gli Hutu, siano principalmente di estrazione Bantu (60% E1b1a, 20% B, 4% E1b1). Influenze genetiche paterne associate con le popolazione cuscitiche del Corno d'Africa sembrano essere poche (16% E1b1b), e sono attribuite agli abitanti più antichi che sono stati assimilati. Tuttavia, i Tutsi hanno un numero considerevolmente più alto di lignaggi paterni Nilotici (14.9% B) rispetto agli Hutu (4.3% B).
Trombetta et al. nel 2015 trovarono un 22.2% di E1b1b caucasoide (di clade M293, associata ai pastori del Corno d'Africa) nei campioni Tutsi del Burundi, ma tale aplogruppo raggiunse lo 0% nelle etnie Hutu e Twa.

Il fatto che Tutsi e Hutu siano due gruppi etnici distinti è stato oggetto di un notevole dibattito, e oggi l'ipotesi di un'importante differenza di origine etnica viene raramente presa in considerazione. Le prime critiche alla differenza di origine di Hutu e Tutsi giunsero negli anni '70. Nel suo saggio del 1972 How Europe Underdeveloped Africa (Come l'Europa ha sottosviluppato l'Africa), Walter Rodney denunciò le motivazioni colonialiste della tesi dell'origine nordafricana e Caucasoide dei Tutsi, e sostenne che le differenze fisiche fra Hutu, Twa e Tutsi potevano essere la conseguenza di fattori sociali e ambientali, come la diversa alimentazione. Le tesi di Rodney ebbero una vasta risonanza in Ruanda nell'epoca della guerra civile e del genocidio: furono impugnate con forza dal Fronte Patriottico Ruandese, mentre in Europa furono sposate da molti studiosi. Fra gli altri fattori che potevano giustificare la differenza di altezza come conseguenza della disuguaglianza sociale, oltre all'alimentazione, furono citati il tipo di lavoro (i Tutsi allevatori e gli Hutu coltivatori) e la selezione sessuale.
Perché allora i Sardi e i Lapponi, noti popoli di allevatori, sono famosi per la loro bassa statura?


Tutsi a sinistra e Hutu a destra.

Uno degli argomenti usati per sostenere l'ipotesi di diversificazione storica all'interno di uno stesso gruppo etnico originario è il fatto che i Tutsi parlano la stessa lingua degli Hutu, il kinyarwanda, e che questa lingua appartiene al gruppo delle lingue bantù, diffuse in Africa centro-meridionale. Questo implicherebbe il fenomeno insolito di un gruppo dominante che acquisisce la lingua di un gruppo subordinato, lingua che non presenta nessun elemento riconducibile alle lingue del Nordafrica, dell'Egitto o dell'Etiopia.
Il problema è che sebbene gli Hutu sia sempre stato il gruppo subordinato, è sempre stato anche quello predominante per numero di abitanti (l'85% in Rwanda è di etnia Hutu, il 10% Tutsi e il 5% Twa); di conseguenza è molto più plausibile che la sua lingua si sia imposta sulle altre minoranze etniche non bantu, siano esse nilotici come i Tutsi o pigmei come i Twa.
Andrebbe inoltre fatto notare che si sono sempre verificati matrimoni misti, i quali comportarono un'assimilazione della popolazione Bantu predominante e la sempre più alta somiglianza genetica tra Hutu e Tutsi. Questo spiegherebbe anche l'attuale alta presenza di genoma Bantu e l'adozione di una lingua Bantu presso i Tutsi.

Tuttavia c'è un'innegabile motivazione genetica e biologica della differenza fenotipica tra Hutu e Tutsi, che non può essere spiegata con la semplice differenza culturale e di status sociale. Bisogna dire che i Tutsi non erano solo più alti degli Hutu. Agli occhi di un inesperto queste due etnie sembrano fenotipicamente uguali dato che uguale è anche il loro colore della pelle. Tuttavia, il colore della pelle non è certamente un fattore fenotipico rilevante nell'antropometria (che studia le ossa degli scheletri), e il colore nero è dovuto alla permanenza ininterrotta degli africani nel clima equatoriale. Le differenze fenotipiche sono altre, di natura antropometrica e craniometrica, come la differenza di statura media, di indice cefalico, di indice nasale.
All'inizio del XX secolo, un antropologo tedesco quantificò in circa 12 cm la differenza media di altezza fra Hutu e Tutsi; nel 1974, Jean Hiernaux riportò 10 cm di differenza media e vari studi statistici successivi confermarono queste differenze. I Tutsi tendono ad avere il naso leptorrino (dritto o convesso), l'intero volto più leptoprosopo e un prognatismo meno marcato, caratteristiche tipicamente Caucasoidi. Gli Hutu invece, pur mantenendo la dolicocefalia, presentano nasi camerrini, schiacchiati, concavi e con le narici larghe. Il prognatismo è spiccato e le labbra sono decisamente più carnose, mentre il mento è sfuggente.
Trattasi di differenze che non possono in alcun modo essere causate da alimentazioni o stili di vita diversi, specialmente se tali differenze perdurano solo da qualche secolo: non ci sono tracce di Tutsi in Rwanda prima del XIV secolo e.v., e gli Hutu arrivano nel primo millennio assieme agli altri bantù originari dell'Africa occidentale.

L'Africa subequatoriale pre-Bantu

Da un certo punto di vista l'Africa subequatoriale risulta più interessante da analizzare. La popolazione vanta di una lunga storia nel territorio, e presenta molte caratteristiche antropologiche e genetiche peculiari. La maggior variabilità genetica all'interno di una specie si verifica quasi sempre nel suo nucleo di origine. Gli esseri umani moderni hanno vissuto con continuità in Africa subequatoriale più a lungo che in qualunque altra regione geografica e ivi hanno mantenuto popolazioni di relativamente grande consistenza, sviluppando così alti livelli di diversità genetica interna alle popolazioni.

L'Africa subequatoriale prima dell'espansione Bantu era abitata da popolazioni di cacciatori/raccoglitori che si separarono per prime dal nostro progenitore comune, già 90000 anni fa. Nel 2011, dopo aver trovato tre regioni candidate con introgressione ricercando modelli insoliti di variazioni - che indicavano un'origine diversa - in 61 regioni non codificanti da due gruppi di cacciatori-raccoglitori (Pigmei Biaka e Boscimani) e un gruppo agricolo africano occidentale (Mandinga), i ricercatori hanno concluso che circa il 2% del materiale genetico trovato in alcune popolazioni dell'Africa sub-sahariana è stato inserito nel genoma umano circa 35.000 anni fa da ominidi arcaici che si separarono dalla moderna stirpe umana circa 700.000 anni fa. Dopo un'indagine sugli aplotipi introgressivi nelle popolazioni sub-sahariane, è stato suggerito che l'ibridazione è avvenuta con ominidi arcaici che forse un tempo abitavano l'Africa centrale. I cacciatori/raccoglitori risultarono avere una presenza significativa di commistione nei dati, a contrario della popolazione Bantu.

Nel 2012, i ricercatori hanno studiato le sequenze dell'intero genoma ad alta copertura di quindici sub-sahariani maschi cacciatori/raccoglitori appartenenti a tre gruppi - cinque Pigmei (tre Biaka, un Bedzan, e un Bakola) dal Camerun, cinque Hadza e cinque Sandawe dalla Tanzania - trovando segni che gli antenati dei cacciatori-raccoglitori si incrociarono con una o più popolazioni umane arcaiche, probabilmente più di 40.000 anni fa. Essi hanno inoltre scoperto che il periodo in cui visse l'antenato comune più recente dei quindici soggetti testati con gli aplotipi introgressivi putativi era 1,2 o 1,3 milioni di anni fa.

I Pigmei

Attualmente queste popolazioni di cacciatori/raccoglitori sopravvivono solo in aree isolate e poco ospitali come le foreste pluviali e il deserto del Kalahari. Queste popolazioni hanno storicamente portato aplogruppi A e B, sebbene attualmente portano una percentuale non irrilevante di aplogruppo E1b1a di origine Bantu, a causa di evidenti mescolamenti negli ultimi 2500 anni.
Il mescolamento è risultato più forte nel caso dei Pigmei, in quanto la loro popolazione è stata la prima a subire l'invasione Bantu data la loro vicinanza geografica al nucleo Bantu originario. Attualmente infatti, sebbene mantengano ancora il loro stile di vita di caccia e raccolta, i Pigmei parlano una lingua Bantu e possiedono un corredo autosomico influenzato da quello Bantu.


I Pigmei della foresta equatoriale, con la loro caratteristica bassa statura.

Se per quanto riguarda gli autosomi è possibile notare l'influenza africana occidentale, osservando la distribuzione degli aplogruppi i Pigmei sembrano essere rimasti in maggioranza più fedeli ai loro lignaggi pre-Bantu: tra gli aplogruppi pre-Bantu il B è quello più tipico dei Pigmei e raggiunge il 63% tra i pigmei Baka, mentre negli Mbuti le percentuali variano tra il 33% e il 60% e negli Aka tra il 35 e il 55%.
I pigmei, di cui fanno parte i precedentemente citati Twa del Ruanda, rappresentano la sub-razza negroide di statura più bassa e sono inoltre caratterizzati da un'insolita brachicefalia, a contrario delle altre popolazioni africane. L'indice nasale è tra i più alti del mondo (supera tranquillamente 100) e hanno un naso quindi platirrino, oltre che concavo e con radice bassa.


L'indice nasale dei Pigmei è il più alto al mondo e il loro naso è addirittura più largo che alto (indice nasale > 100).

I Capoidi

Il termine Capoide, che deriva da Capo di Buona Speranza, designa quelle popolazioni di cacciatori/raccoglitori e allevatori che attualmente vivono in Africa sudoccidentale. Queste popolazioni sono chiamate anche Khoi-San, dal nome delle due etnie principali, gli Ottentotti (Khoi) e i Boscimani (San).
I Capoidi sono considerati da molti antropologi fisici una razza a sé stante, a causa delle loro caratteristiche peculiari non classificabili come negroidi o caucasoidi. Anche le analisi genetiche sono coerenti con i dati antropometrici, mostrando un forte isolamento genetico durato fino ai nostri giorni. Queste popolazioni sono le uniche a parlare le lingue Khoisan che sono note per la presenza delle cosiddette consonanti clic, prodotte facendo schioccare la lingua contro il palato o contro i denti, con diversi movimenti. La lingua ju|'hoan, per esempio, ha 48 suoni "clic" e circa 90 diversi fonemi, incluse vocali stridenti e faringealizzate e quattro tonalità.
Una teoria molto accreditata tra i linguisti propone che un maggior numero di fonemi sarebbe caratteristico delle regioni popolate da più tempo, in cui l'espansione migratoria ha un effetto del fondatore formato da un collo di bottiglia; quindi le popolazioni più remote o isolate riflettono una diminuzione del numero di fonemi.



I Boscimani

I Boscimani, che rappresentano il gruppo più puro e meno ibridato dei Capoidi, sono ridotti a meno di 15.000 individui (in gran parte rappresentati dall'etnia Kung) in prevalenza stanziati nella regione di Nyae Nyae, ai confini tra Botswana e Namibia (il nome di quest'ultimo Paese deriva da quello dei Namib, un gruppo in gran parte fuso con le genti bantu); molto più numerose sono le genti ibridate con i Negroidi come gli Ottentotti (circa 150.000) che hanno abbandonato gli antichi costumi e prestano la loro opera quali pastori o braccianti per i contadini Bantu e i discendenti di Europei in Namibia orientale, Botswana occidentale e Angola sud-orientale. I pochi superstiti ancora puri dei gruppi originali vivono in aree di rifugio sparsi in una vasta regione che va dall'Orange al Cunene meridionale e, a est, fino alle paludi del Kwando e dell'Okavango e al Kalahari centrale.

Sono caratterizzati da statura bassa (156 cm) e proporzioni del corpo genericamente brevilinee, con arti (specialmente le gambe) corti, mani e piedi assai piccoli. La colonna vertebrale presenta una caratteristica insellatura lombo-sacrale, che unita alla cortezza delle gambe provoca l'andatura a “passo d'anatra”. La pelle è chiara, di una tinta giallastra, caratteristicamente priva del grasso sottocutaneo e quindi facilmente rugosa (gerontodermia); capelli corti, neri, ricciuti al massimo (si riuniscono in batuffoli per cui vengono indicati col nome di capelli a grano di pepe), cranio lievemente allungato (dolico-mesocefalia), volta cranica bassa e tipico profilo posteriore poligonale; faccia piatta, con occhi allungati, rima palpebrale stretta, presenza qualche volta di plica mongolica e più frequentemente di una plica all'angolo esterno (plica ottentotta); naso largo e piatto (platirrino), bocca tumida, orecchio con il padiglione caratteristicamente accartocciato e mancante del lobulo. L'accumulo di grasso nella regione lombare (steatopigia) è estremamente accentuato nelle donne, e anche i genitali esterni sono differenziati, perché la maggior parte dei maschi ha un pene infantile e orizzontale, mentre nelle femmine le grandi labbra sono ridotte e le piccole sono molto protruse all'esterno (longininfia).


Anziana boscimana Ju|'hoansi di Tsumkwe, con la caratteristica gerontodermia.


Vista di profilo del cranio capoide. Notare la mancanza di prognatismo tipica dei negroidi.

L'aplogruppo A presenta picchi tra i Boscimani, dove raggiunge il 66% a Tsumkwe. Sorprendentemente, questo aplogruppo non è stato ritrovato in nessun campione di etnia Hadza dalla Tanzania, un popolo considerato tradizionalmente come un antico lascito dei Khoi-San a causa della presenza delle consonanti click nella loro lingua. Anche l'aplogruppo B è discretamente diffuso tra i Khoi-San, con una percentuale media del 28%.
Come i risultati degli studi del cromosoma Y, anche gli studi sul DNA mitocondriale mostrano che le popolazioni Khoi-San portano ad alte frequenze i primi rami degli aplogruppi nella struttura del DNA mitocondriale umano. L'aplogruppo mitocondriale più divergente (e più arcaico), L0d, è stato identificato nelle sue frequenze più alte nei gruppi Khoi e San dell'Africa meridionale, con una media del 73% e un picco del 100% tra i !Kung del Botswana. Il carattere distintivo dei Khoi-San in entrambi gli aplogruppi matrilineari e patrilineari è un ulteriore indicatore che rappresentano una popolazione storicamente distinta dagli altri africani.

Gli Ottentotti

Gli Ottentotti (Khoi) sono considerati un tipo metamorfico del gruppo umano capoide in quanto ibridizzati, e presentano rispetto ai Boscimani (dai quali si sono originati per incrocio con alcune popolazioni del gruppo negroide) statura più elevata (158 cm), testa più dolicomorfa, faccia triangolare e labbra più grosse. Culturalmente, a un più antico substrato affine a quello dei Boscimani si sovrappongono usanze bantu e anche niloto-camite: organizzazione in clan esogamici patrilineari nei quali perdurano tracce di antiche usanze matrilineari, iniziazione dei giovani di entrambi i sessi, matrimonio che ammetteva la poliginia e la residenza patrilocale. L'economia è basata sull'allevamento e la caccia. Sono in uso l'arco boscimane, la lancia bantu e la paletta da getto sudanese. L'abbigliamento è affine a quello dei Maasai. Per le abitazioni vengono utilizzate capanne smontabili cupoliformi. Decimati dai Bantu e dai coloni europei, restano pochi discendenti dei gruppi Nama e Koraqua, oltre che i meticci, che oggi hanno preso il nome collettivo di Griqua.


Bambine ottentotte (Nama Khoi).
Gli ottentotti hanno adottato uno stile di vita più sedentario e moderno, soprattutto nella Repubblica Sudafricana.

Gli Afrikaners

Gli Afrikaners sono un gruppo etnico del Sudafrica che discende per lo più dai coloni olandesi, tedeschi e francesi del XVII secolo ma è composto anche da altri gruppi europei minori che si stabilirono in Sudafrica. Gli Afrikaners hanno lentamente sviluppato la propria lingua e cultura unica, quando sono entrati in contatto con gli africani e gli asiatici. La parola "afrikaner" significa "africano" in olandese. Attualmente circa 3 milioni di persone dalla popolazione totale del Sud Africa di 51 milioni si identificano come afrikaners.
Nel 1652, gli emigranti olandesi si insediarono in Sud Africa nei pressi del Capo di Buona Speranza, al fine di stabilire una stazione dove le navi che viaggiavano verso la Indie Orientali Olandesi (oggi Indonesia) potevano riposare e rifornirsi. Protestanti francesi, mercenari tedeschi e altri europei si unirono agli olandese in Sud Africa. Gli afrikaners sono conosciuti anche come "boeri", termine olandese per "agricoltori". Per essere aiutati nelle coltivazioni, gli europei importarono schiavi da posti come la Malesia e il Madagascar, e ridussero in schiavitù alcune tribù locali, come ad esempio i Khoikhoi e i San.
Per 150 anni, gli olandesi erano l'influenza straniera predominante in Sud Africa. Tuttavia, nel 1795, la Gran Bretagna guadagnò il controllo del Sud Africa. Molti funzionari governativi e cittadini britannici si stabilirono in Sudafrica. Gli inglesi fecero arrabbiare gli afrikaners, liberando i loro schiavi. A causa della fine della schiavitù, di guerre di confine con i nativi e della necessità di terreni agricoli più fertili, nel 1820, molti "Voortrekkers" afrikaners hanno cominciato a migrare verso nord e verso est verso l'interno del Sudafrica. Questo viaggio è conosciuto come il "Great Trek". Gli afrikaners fondarono le repubbliche indipendenti del Transvaal e dello Stato Libero di Orange. Tuttavia, molti gruppi indigeni risentivano l'intrusione degli afrikaners nella loro terra. Dopo varie guerre, gli afrikaners conquistarono alcuni dei terreni e degli allevamenti in pace fino a quando fu scoperto l'oro nelle loro repubbliche nel tardo XIX secolo.


Afrikaners della Repubblica Sudafricana.

Gli inglesi rapidamente impararono a conoscere le ricche risorse naturali nelle repubbliche afrikaners. Le tensioni tra Afrikaners e gli inglesi per il possesso della terra si intensificarono rapidamente nelle due guerre boere. La prima guerra boera fu combattuta tra il 1880 e il 1881 e fu vinta dagli afrikaners, ma gli inglesi ancora ambirono le ricche risorse africane. La seconda guerra boera fu combattuta nel 1899-1902. Decine di migliaia di afrikaners morirono a causa di combattimenti, fame e malattie. I vincitori britannici annessero le repubbliche afrikaners del Transvaal e dello Stato Libero di Orange. Dopo la seconda guerra boera, molti afrikaners poveri e senza tetto si trasferirono in altri paesi dell'Africa meridionale come la Namibia e lo Zimbabwe. Alcuni afrikaners tornarono nei Paesi Bassi e alcuni addirittura si spostarono in luoghi lontani come l'America del Sud, l'Australia e gli USA. A causa della persecuzione razziale e in cerca di migliori opportunità di istruzione e di occupazione, molti afrikaners hanno lasciato il Sudafrica dopo la fine dell'apartheid. Circa 100.000 afrikaner ora soggiornano nel Regno Unito.
Gli Afrikaners hanno una cultura molto interessante. Essi rispettano profondamente la loro storia e le loro tradizioni. Sport come il rugby, il cricket e il golf sono molto popolari. Abiti tradizionali, musica e danza si celebrano nelle feste. Carni alla griglia e verdure, così come porridge influenzati dalle tribù indigene africane, sono piatti popolari. Gli aplogruppi Y-DNA più diffusi tra gli Afrikaners, come prevedibile, sono il proto-nordico I1 e l'indoeuropeo R1b.
La lingua olandese parlata a Città del Capo nel XVII secolo lentamente si trasformò in una lingua a parte chiamata afrikaans, con differenze di vocabolario, grammatica e pronuncia. Oggi l'afrikaans, la lingua afrikaner, è una delle undici lingue ufficiali del Sudafrica ed è parlato in tutto il paese da persone provenienti da molte razze diverse. In tutto il mondo, tra i 15 e i 23 milioni di persone parlano afrikaans come prima o seconda lingua. La maggior parte delle parole afrikaans sono di origine olandese, ma le lingue degli schiavi asiatici e africani, e le lingue europee come inglese, francese e portoghese, hanno fortemente influenzato la lingua.